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Gino Ragusa Di Romano ti ringrazia di essere entrato in questo sito e di leggere qualche suo scritto.
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Sotto il bel sole di Sicilia, dove tutto potrebbe essere suggestivo, in Pietraperzia, paesino antico dell'entroterra siciliano,
il 26 giugno 1943 nacqui, vivo ed osservo.
Ciò che penso, lo contengono i miei libri:
" Patema " - " Miele e fiele "
" Accenti d'amore e di sdegno "
" Speranze e delusioni ".
La mia biografia si trova descritta nel sito: www.tuttonet.it
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Con le parole, le opere e gli scritti vorrei portare tra gli uomini la pace e l'amore, che sono i cardini della vita.
Il mio stile sobrio rende omaggio a chiunque ama la poesia ed ha desiderio di sublimarsi per mezzo di essa.
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Un uomo
Un uomo cade.
Se poi s'alza,
tace.
A niuno fa sentire
il suo dolore
e la perduta pace.
Così...
fino al morire!
Da " Miele e fiele " Ursini Editore
Catanzaro 1993
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La foglia
Un piccolo soffio di vento,
un altro ancora, sempre più forte,
più spietato.
Ecco la sorte è segnata:
la foglia si stacca,
lentamente, silenziosa.
Quella foglia, che ha visto nascere
la mia speranza con la primavera,
che ha rallegrato l'estate
con il suo verde vivo.
Ora gialla si perde, muore,
proprio come l'ultima mia speranza.
Da " Speranze e delusioni "
Pellegrini Editore - Cosenza 2007
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Come l'albero vivo
Come l'albero vivo,
che pomi produce,
di cui altri si nutre;
poi, gialle le foglie,
delle stesse si spoglia
per dare ancor humus
alla misera terra.
Da " Accenti d'amore e di sdegno "
Pellegrini Editore - Cosenza 2004
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La poesia è creazione ed afflato divino, che estasia lo scrittore e poi, forse, il suo lettore.
La poesia dà emozioni al lettore; per il poeta, invece, è una fuga.
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La poesia è un fiore,
che le radici affonda
nella gioia o nel dolore
ed il cuore monda.
Da " Miele e fiele "
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Nel mio libro " Accenti d'amore e di sdegno "
potrai leggere una poesia dedicata al
castello di Pietraperzia dal titolo:
" Lu vuliri di lu casteddu di Petrapirzia ".
Il predetto libro e l'ultimo, pubblicato da Pellegrini Editore nell'anno 2007, dal titolo "Speranze e delusioni", si possono acquistare a Caltanissetta nella libreria Sciascia, Corso Umberto 111, ad Enna nella libreria Buscemi, Piazza V.Emanuele 19 e in tutta Italia nelle librerie distributrici della Casa Editrice Pellegrini di Cosenza, che sono descritte nel suo sito: http://www.pellegrinieditore.it
Si possono, comunque, prenotare in qualsiasi libreria o per via Internet acquistarli direttamente dall'Editore o dalla www.libreriauniversitaria.it o da www.ibs.it o www.ilpianetalibro.it
I miei libri sono depositati nella biblioteca comunale di Pietraperzia, Barrafranca, Mazzarino, Enna, Caltanissetta, Catania, Firenze etc...
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" Due storici locali, il monaco Dionigi e Pietro Nicoletti, si occuparono rispettivamente, il primo oltre due secoli fa e il secondo oltre un secolo fa, della storia di Pietraperzia e del suo castello.
Il Nicoletti, se avesse potuto scrivere adesso il suo opuscolo, non avrebbe commesso l'errore di criticare le autorità di quel tempo, che consentivano a fare adibire il castello come carcere giudiziario.
Il Carceriere, infatti, per necessità doveva vigilare il castello, mentre adesso sta in rovina; forse allora poteva essere riconosciuto monumento nazionale.
Il castello fu ricostruito dai principi Barrese dopo l'anno 1050; era sontuoso: contava 365 vani.
Dorotea Barrese fu l'ultima erede dei Barrese, sposò da vedova Giovanni Zunica, vicerè di Napoli, e come viceregina si recò a Napoli. Ammalatasi, ritornò al castello di Pietraperzia, ove morì a 58 anni ".
Ampie notizie si trovano nel libretto scritto e pubblicato nel 1967 dal medico ginecologo Biagio Ragusa dal titolo: "Dorotea regina di Napoli e storia di Pietraperzia".
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Sono presente anche nei seguenti siti:
http://www.tuttonet.it
http://www.poetichouse.com
http://www.aphorism.it
Puoi leggere anche qualche altra mia poesia, cercando Gino Ragusa Di Romano con www.google.it - www.yahoo.com
o con altri motori di ricerca.
Se desideri contattarmi, puoi inviarmi una e. mail.
ginoragusa@gmail.com
Grazie.
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...Chi cerca in queste composizioni ismi ed accademismi rimarrà di certo deluso; e il motivo è dei più lapalissiani: Gino Ragusa Di Romano si affida essenzialmente a sé stesso ed al proprio intuito creativo per dare corpo ed anima alle varie, tante tappe del suo itinerario verso quella pace e quella libertà che sa di poter trovare, seppure in parte, nella poesia......
Fulvio Castellani - prefazione " Miele e fiele "
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Giulia ( La figlia di nessuno )
Viveva in una grande e bella casa di un paesino dell'entroterra della splendida Sicilia una donna sensibile e cordiale di nome Matilde, sposa di un gentiluomo, che aveva il vizio di giocare frequentemente a carte.
La casa si affacciava sulla piazza larga e lunga, palcoscenico di quei cittadini, attori più o meno protagonisti, che abitavano il paese.
Il sole era la fiaccola potente del luminoso giorno, mentre di notte cornice e luce della piazza erano gli antichi lampioni.
Tutte le feste, le cerimonie tristi, gli incontri ed anche molti scontri avvenivano lì.
La signora Matilde, malata di cuore, usciva raramente e più raramente passeggiava. I suoi occhi cerulei perforavano i vetri dell'imposta di un balcone e di là rubavano immagini, ricordi, attese, lontane amicizie, desideri e tra questi il più soave, il più forte, a cui una donna anela: un figlio.
Aveva conosciuto l'amore di cuore e di sesso, ma il frutto che lo stesso produce a lei era rimasto ignoto.
Una donna assolve al suo ruolo, se della suprema fatica può vantarsi, allevando ed educando poi l'essere intelligente che nel suo grembo tenne. Questo vuoto le pesava gravemente, ma lo sentiva di più pensando all'avvenire: i sentimenti, infatti, rimangono senza il loro naturale oggetto e la vita appare ogni giorno senza appoggio e senza sicurezza, poichè sarà priva di quegli esseri che rendono l'amore e l'affetto che hanno ricevuto. Donna Matilde, così era chiamata, nella sua dolorosa solitudine, però, non si arrese e decise di adottare un figlio di quella grande e sfortunata famiglia, che è l'infanzia abbandonata.
Infatti, molte famiglie non hanno il calore di un bimbo, ma anche molti bimbi non hanno il calore della famiglia. Questa maternità, però, forse più dell'altra, per donna Matilde fu fonte di tanti dolori.
Tutto è bello o così appare alla luce della fantasia, ma quando la vita è vissuta nella sua cruda realtà, allora tutto è ben diverso: la speranza è un inganno e i ricordi sono amarezze.
La vita è il dramma di ogni essere vivente, che recita la sua parte finchè davanti a sè il sipario non si chiude.
Viveva nella stessa casa di donna Matilde una domestica, Angelina, che sempre l'accudiva, essendo le sue forze poco valide.
Un giorno la signora espresse il suo cruccio e il suo desiderio a quella donna. "Siediti, Angelina !" Le disse: "Attenderai poi ai tuoi lavori. Siediti !
Ora voglio parlare con te. Una domestica è una lavoratrice un po' diversa rispetto agli altri lavoratori, tu sei retribuita per il lavoro che svolgi, però tu vivi qui e sai quali sono i miei affanni e i miei desideri... continua
Da " Accenti d'amore e di sdegno " Pellegrini Ed. Cosenza 2004
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L' uomo
L'uomo
non vive d'amore,
nè di comprensione,
ma
di effimero potere
e di sopraffazione;
uccide
il suo simile
l'uomo,
poi
con un fiore
al feretro
ostenta dolore.
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Ho paura
I giorni passati
mi stanno dietro
come ceri spenti
e innanzi
intravedo fioca
la luce dei ceri liquefatti.
Ho paura di voltarmi,
così guardo avanti,
pur se i lucignoli
brucian repentini.
da "Accenti d'amore e di sdegno"
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I miei versi esprimono qualche triste nota,
ma se la stessa intona un altro dolce suono,
ben venga la tempesta, se poi la quiete rota.
Più felice è l'uomo dopo il lampo e il tuono.
Da "Accenti d'amore e di sdegno "
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" Nepotes, forsan, carpent mea poma,
sed hodie cogito oleum et operam
perdidisse:
veritas, enim, solum odium parit ".
Da " Accenti d'amore e di sdegno "
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L'arpa
Vibra un'arpa divina,
un cuore mesto si desta;
drizza l'orecchio a quel suono,
che si perde nel cielo infinito,
ma cade nell'antico dolore.
Vibra ancora quell'arpa divina,
è toccata da un cuore di donna,
che canta un amore finito.
L'aere olezza d'ambrosia,
si schiudono cuori novelli,
la rosa è appassita per me.
Da " Speranze e delusioni "
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Il Castello di Pietraperzia |
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La fotografia sopra riportata risale al 1930 e rappresenta di fronte a sinistra la casa dell'avv. Cigna, amico dello scultore Pippo Di Romano, ed a destra la casa di Aniello Pennino.
Si intravede a sinistra il palazzo del barone Tortorici ed a destra la chiesa della Madonna del Rosario, accanto alla quale vi era il circolo dei "nobili". |
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Pietraperzia - Novembre 1953 - Festa degli alberi.
Spero di aver fatto cosa gradita a tutti i miei vecchi compagni di scuola elementare, pubblicando questa fotografia. Ricordare quel tempo, forse, è vivere un momento di spensieratezza, propria di quegli anni. I ricordi tornano come una rosa in un deserto o una stella a mezzogiorno, improvvisamente.
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Scolaresca di 2^ elementare, anno 1949. Il ragazzo segnato dalla freccia è Gino Ragusa Di Romano. Tra i compagni di scuola vi è il Generale Roberto Speciale, Comandante della Guardia di Finanza. |
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Triste realtà
La vita è un bouquet d'ortiche,
con qualche rosellina,
perchè rosa sarebbe troppo dire.
Scorger si dovrebbero più fiori
e poche ortiche basse.
Ma la triste realtà
è tutta inversa.
Quando si china il viso
e lo sparuto fiore
si va per odorare,
tra le folte ortiche
ci si punge il naso,
che più attento diverrà
ad ogni fiuto,
pur se il fiore
è la fragrante rosa.
Da "Miele e fiele"
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Come l'insetto
Come l'insetto che non conta gli anni,
ma, libero, apprezza la sua breve vita;
così io vivo i miei caduchi giorni,
ma con mestizia da mattina a sera.
Quando in cielo non brillerà più il sole
ed alla vita io pagherò il mio prezzo,
allora dessa mi renderà un gran dono,
che è melodia e libertà si chiama.
Da "Speranze e delusioni"
Pelegrini Editore - Cosenza 2007
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Facit indignatio versum
O mia bella Sicilia, tanto amata,
giammai vedrò la mafia debellata!
I criminali sono sempre in crescenza
con i politicanti spesso in connivenza,
che, dediti alla truffa e alla suburra,
estraggono oro dall'ignobile camorra
a discapito degli uomini dabbene,
che soffrono, silenti, tante pene.
I sostenitori più fermi e più ostinati
sono senz'altro senatori e deputati;
in apparenza sembran persone fini,
ma del popolo sono veri malandrini.
Il giuoco a guardie e ladri è molto bello
e voi vi divertite, assisi sull'alto ostello.
Da " Speranze e delusioni "
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I miei scritti, editi in questo sito, sono contenuti nei miei libri, già pubblicati:
" Patema " Gabrieli Editore - Roma 1971 -
Albatros Editrice - Roma 1976 -
Ursini Editore - Catanzaro 1978 -
" Miele e fiele " Ursini Editore - Catanzaro 1993 -
" Selezione poetica " Gabrieli Editore - Roma 2001 -" Accenti d'amore e di sdegno " Pellegrini Editore - Cosenza 2004.
" Speranze e delusioni " Pellegrini Editore - Cosenza 2007.
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Sopra, nella foto a sinistra è rappresentato il palazzo del barone Tortorici, a destra vi è il teatro comunale ed al centro vi sono delle statue dello scultore Pippo Di Romano, fratello di mia madre, nato a Pietraperzia nel 1901 e morto a Parigi nel 1960. Conseguita la maturità al Liceo artistico di Palermo, frequentò l'Accademia di Belle Arti a Firenze. Portati a termine i suoi studi artistici, si sposò con la signora Yvonne Fouques Duparc, nobildonna di Parigi, con la quale ebbe tre figli: Vincenzo, Renza e Liborio. Molte statue, dipinti e disegni dello scultore Pippo Di Romano si sono perduti ed oggi ci restano poche opere in gesso: La pietà - Beethoven - Mio nonno - Le maschere: la Tragedia, la Commedia e la Musica, progettate per abbellire il prospetto del teatro comunale di Pietraperzia - Dante Alighieri - Due teste di bambini - Un piede - Il fascio littorio.
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L'OLOCAUSTO DEGLI EBREI. PERCHE'?
Deserti di ossa e dune di teschi,
occhiaie vuote e denti digrignanti
di forte rabbia per una morte orrenda,
deliranti nelle fosse gridano il dolore
e dai roventi forni le vermiglie fiamme
sputano al vento l'eloquente cenere
d'un olocausto truce e immotivato.
Come il canto degli uccelli in gabbia,
che tra le gretole cinguettan di mestizia;
così, o fratelli, la vostra nenia veemente
sale dalle oscure tenebre sotterra
e tuona tra i lampi, mentre il ciel imbruna.
L'aria di morte di sudore è pregna
d'antiche ansie, di pene e vilipendio,
che offendono ancor l'esser umano.
Le mie lacrime di sangue raggrumato
son parole d'amore dette al vento,
mentre mi spezza l'anima l'affanno.
Niente mi resta, se non col capo flesso
pregar per voi senza obliar giammai,
perchè i campi spinati e i crematoi,
sensali a forza del ceto scellerato,
nella fredda quiete ancor singhiozzano,
nolenti d'iscenar sì grave lutto.
Pensate, o uomini, a ciò che la storia scrive
ed accendete i forni per bruciare i semi,
che son flagelli dei destini umani.
Forse la storia non è magistra vitae,
ma accademia per tanti delinquenti,
che insegna spesso a vincer le partite,
annientando gli onesti concorrenti.
Da "Accenti d'amore e di sdegno"
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INNO AI GIOVANI
Al sorgere del sole l'aria è pura,
splende lieta tutta la natura.
L'erbetta e i fior il bel sol profuma,
la bella lumiera ogni dolor consuma.
Al sole, o giovani, io vi paragono,
della novella fede voi avete il dono,
in voi c'è la luce, la forza ed il valore,
potete voi mutar l'odio in amore.
Siate, o giovani, alteri e pien d'onore,
non strisciate mai ai piedi del potente.
Una lampada s'accende nel mio cuore,
se io drizzo a voi la mia mente.
Voi siete, o giovani, colonne viventi,
voi siete del mondo motori potenti,
voi sarete i futuri talenti,
voi sarete i pacier delle genti.
Voi siete, o giovani, la grazia di Dio,
su cui ha fede il mio credente Io.
Da "Miele e fiele"
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Nino
Nino, figlio di Turiddu e di Stella, abitava in campagna con i suoi genitori e con i suoi fratelli. Tutti lavoravano un appezzamento di terreno di proprietà di un tale, chiamato don Totò.
Nino aveva sei anni ed, oltre a lavorare, andava a scuola, in una scuola rurale, che raggiungeva a piedi ogni mattina, attraversando campi seminati e percorrendo viottoli interpoderali limacciosi.
In una vecchia casa di campagna, adibita a scuola, con vecchi banchi molto malandati, dove la luce entrava solo da una finestra, ogni giorno perveniva con mezzi di fortuna una povera maestra con il suo scaldino, attesa con piacere dai suoi pochi alunni.
Tra i suoi compagni Nino era il più indigente, ma il suo corpo appariva pulito ed ordinato come i vecchi indumenti che indossava ben rattoppati; anche le scarpe, a suo malgrado sporche, mostravano una sommaria pulitura.
Nino non aveva libri nè quaderni, perchè la sua famiglia molto povera e numerosa disponeva solo di quel poco per sostentarsi quotidianamente. Nino non poteva scrivere nè leggere; solo ascoltava le lezioni, adoperandosi sempre ad imparare.
Un giorno, Nino, cresciuto di due anni, dopo l'abbacchiatura delle mandorle, sapendo che non tutte venivano raccolte e qualcuna veniva lasciata a terra o sull'albero sol per mera svista, portando con sè un lungo bacchio, andò subito per i campi a cercarne qua e là, aguzzando sempre più la vista verso terra e verso i rami.
Settembre fu per Nino faticoso, però in ottobre il ragazzo raccolse i frutti del suo lavoro onesto. Diede al padre la metà di quelle mandorle e lo pregò, dicendogli il motivo, di vendere la sua restante parte.
Turiddu chiamò subito la moglie e volle che anche lei ascoltasse attentamente quanto il figliuolo gli aveva appena detto. Stella benedisse il suo fanciullo e rivoltasi al marito così dissè: " Vai, Turiddu, subito in paese, il primo ottobre è fra qualche giorno ". Turiddu comprese e si affrettò a sellare il mulo, mentre Stella ritornò ai lavori usati. La scuola si riaprì il primo di ottobre e Nino si presentò di buon mattino ad aspettare lieto la maestra, che arrivò, come sempre, allora giusta.
La scolaresca, composta di quattro alunni, le corse incontro con infantile gioia e, dopo averla salutata con affetto, Nino subito le disse:
" Maestra, quest'anno leggerò sul mio libro ed anche scriverò ciò che tu dirai, perchè ho lavorato un po' di più, dando a mio padre più dell'anno scorso e tenendo per me quanto basta per poter comprare la penna, i libri ed i quaderni. Quest'anno anch'io sarò come tutti gli altri e non molesterò più i miei compagni ".
Così estrasse dalla tasca il suo pugnetto, che mise nella mano alla maestra, pregandola con gioia di comprargli tutto l'occorrente.
La maestra, commossa, strinse al petto quel fanciullo, che dopo trent'anni per caso io rividi a Roma, percorrendo una strada principale, dov'era scritto a fianco di un portone - Dottor Nino Grigio - Pediatra.
Da " Accenti d'amore e di sdegno "
Pellegrini Ed. Cosenza 2004
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Il ricordo
Avrei voluto perdere tutto,
ma mi è rimasto il ricordo.
In silenzio soffro
i miei più grandi tormenti.
Mi consumo
come cera vicino al fuoco,
ma per un cuore di pietra.
Logoro il cervello malato,
bevendo il veleno dei miei pensieri.
Da " Speranze e delusioni "
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Pietraperzia - Antico abbeveratoio. |
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A mis hijos Franco y Carmen
Canto nupcial
Gorjea vuestro corazòn como un canario,
cuyo nido solido sobre una alta torre està.
Feliz, està lleno de verdes hojas y flores;
como un arbol fecundo, darà fruta.
Es el escrino de muy preciosos tesoros,
que no iràn de cierto jamàs perdidos.
Encerrad vuestro amor como una perla
entre las valvas de una concha dura,
guardandola en el mar en sitio oculto
y cultivandola con ambrosiaco miel,
divina esencia que el corazòn produce.
Luego, cuando reabrireis su clausura,
suntuoso serà de la perla su esplendor
y el viento espirarà a vuestras velas.
Vuestro talamo de petalos de rosas
serà ornado de vuestras amadas caras.
Las noches de sonrisas estaràn llenas
y tambien la luna serà muy generosa;
suenos de amor y alfombras volaràn
en la fragrancia de variopintas flores;
las estrellas, halagadas, escucharàn
las bandurrias, que trinan serenatas.
Vuestro amor serà una rica mina,
de donde extraereis argento y oro,
si siempre de coros manana y tarde
una mistica oraciòn diréis a Dios.
Questo epitalamio è tratto da "Accenti d'amore e di sdegno", dove è inserito in lingua italiana e fu scritto da me in lingua spagnola in occasione del matrimonio di mio figlio Franco con Carmen.
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Così disse un uccello al suo carceriere
" Oh! Finalmente son fuori del sito,
dove le gretole dell'iniqua gabbia
furono testi del mio cantar mentito:
triste il mio canto era sol di rabbia:
Lì ero ricco, non mi mancava niente,
anche tu, carceriere, come infante
giocavi con me affettuosamente
ed ascoltavi, lieto, il tuo cantante.
Ma a che serve beccare a crepapelle
e dell'universo non aver visione?
Le tue premure sono cose belle,
ma io or canto, felice, la canzone.
Oggi vado incontro al mio destino,
il mio nido sarà tra i verdi rami
d'una quercia o d'un folto pino
e gli insetti il cibo che mi sfami.
Mi dispiace essere un ribelle,
ma la gabbia è invero una prigione;
stare lì dentro ed essere un imbelle
spinge a morire con disperazione.
La libertà cercavo e ad essa anelo,
io son nato per vivere nel cielo.
Addio amico! Io non sono un uomo,
che, asservito, ostenta il superuomo.
Io ho dignità, sono un uccello,
e l'uomo non è mai il mio modello ".
Da "Speranze e delusioni"
Pellegrini Editore - Cosenza 2007
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La fiamma
Vivida rifulge una fiamma
e il vento ne attizza il rossore,
trema e palpita di forte desio.
Un impulso ha la fiamma vermiglia,
uno solo: bruciare più in fretta
e poi sentire di sé stessa il tepore.
Da "Speranze e delusioni"
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A Lelia
Ti penso
col rimpianto della gemma perduta.
Il frastuono mi fa divagare,
lo smog mi consuma ogni giorno,
le luci mi accecano gli occhi.
Senza meta
vago per il mondo fantastico.
Guardo i visi della gente,
ma nessuno mi parla di te.
Il sole si accende e si spegne
con ritmo continuo, incessante,
ed io vivo la mia vita, morendo.
Il tuo nome mi suona nel petto,
la notte mi parla di te.
Le pareti dai muri sudati
mi stringono il cuore ogni dì.
Il mio cuore, un tempo di rosa,
non sboccia e più non olezza.
Da " Patema "
Gabrieli Editore - Roma 1971
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Spes ultima Dea
Sol nella Speranza
il cittadino crede,
or che è morta
la Giustizia e la Fede.
I giusti giuramenti
più non son creduti
ed anche la Fede vacilla
nei ministri più devoti.
Gli uomini dabbene
si sono spenti
e i cadaveri restanti
marciano senza leggi,
nè comandamenti.
Del buon vivere
rimane solo la Speranza
ed anche di questa un giorno,
forse, sarà vana la credenza.
Da " Speranze e delusioni "
Pellegrini Editore - Cosenza 2007
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Tra le pagine di un libro
Pallidi fiori di ricordi
io vi devo un gran sospiro,
perchè voi foste freschi e belli.
Voi, petali, siete le ali
dei miei pensieri che volano.
Solo di voi resta nel presente
un dolce profumo penetrante.
Da "Miele e fiele"
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Nei miei libri: " Accenti d'amore e di sdegno" e " Speranze e delusioni" oltre alle poesie, vi sono anche novelle, ricordi e divagazioni.
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Lo scultore Antonio Ugo fu professore ed amico dello scultore Pippo Di Romano |
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Dialogo tra me e Sofia.
Era d'inverno e nel meriggio oscuro volli uscire per incontrare la mia amica del cuore. Gentile era e di raffinati modi, concisa nel dire e nell'ascoltare attenta, igiene nella sua mente ce n'era tanta. Il sorriso aveva bello ed invitante, mentre gli occhi sprizzavano amore e tanta intelligenza. Seduta su una dondola vicino al caminetto, mi fece cenno di entrare e di sedermi; poi, sottovoce, come a donna distinta si conviene, rispose immantinente al mio saluto. Mi sedetti. Per un po', silente, in tutta la sua bellezza l'ammirai. Ella incontrò il mio sguardo ed io con cordialità le affidai dei miei pensieri il cuore, per ricevere da lei una risposta saggia e meditata. Ella comprese e tosto a parlar mi spinse; intuì che nella mia mente avevo un cruccio, così tra noi ebbe subito inizio una lunga dissertazione. Sofia, le dissi... continua
Da " Accenti d'amore e di sdegno " Pellegrini Ed. Cosenza 2004
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ALL' EMIGRATO
Sei vero italiano,
o fratello lontano.
Tu combatti da prode,
non pensando alla frode
di chi resta a godere,
pur restando a sedere,
sole e frescura
della bella natura.
Tu hai reso un servigio
per evitare un litigio.
Ma i ladri che fanno?
All'estero vanno...
non per lavoro,
ma a celare il tesoro,
che tu hai sudato
per volere del fato.
La delinquenza dilaga,
la droga è una maga,
che uccide da anni
sul fiore degli anni.
La giustizia è morta,
l'Italia è una torta
divisi in partiti,
che son disuniti.
Il giovane suda,
chiedendo un lavoro,
suo sol rincoro
il bacio di Giuda.
La corruzione è onnipresente,
i valori sono morti e sepolti,
l'indegnità è la virtù emergente
in questa società piena di stolti.
Irresponsabili siamo
ed, incoscienti, insozziamo
con luride gesta
dell'Italia la vesta.
Ti erigo una statua,
fratello e signore,
mio segno di mutua
ricompensa d'amore.
Da " Miele e fiele " Ursini Ed. Catanzaro 1993
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Absit iniuria verbis
La lanterna
mi son messa in mano
e sono sceso
come Diogene sul piano.
Cerco l'uomo
e ancor non l'ho trovato;
se non vien fuori
l'Italia è a mal partito.
Molte son le carogne,
che sostano sul Monte
e il lor fetore
appesta e si diffonde.
Una sola persona
io vorrei in alto,
che avesse bella
l'anima ed il volto.
Da "Speranze e delusioni"
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Al silenzio
Oh, mio caro silenzio,
tu sei il mio vero amico.
Quand'io soccomberò all'affanno
di questa vita amara,
tu verrai a me
ed io attenderò la fine.
Mi verserai l'ambrosia, silenzio,
mi porterai letizia,
che vivo mai non ebbi.
Così le ore e i giorni
più non saran noiosi.
Sotto il tuo silente manto
io rivivrò un sogno,
dolce silenzio amico,
mentre a lenti passi
verrà il sopore atteso.
Col mio spirito, poi, già felice,
tu volerai lontano, o silenzio,
e tutto svanirà.
Da " Accenti d'amore e sdegno "
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Penso ed esorto
Il lavoro, il risparmio e la concordia
assicurano la pace e la ricchezza;
con essi l'uomo acquista nitidezza,
viceversa solamente la discordia.
Il lavoro è fonte di guadagno,
rende la vita operosa e bella;
chi sceglie l'ozio per compagno
alla noia succhia la mammella.
Però non basta solo guadagnare,
bisogna far buon uso dei denari;
spender si deve, ma anche serbare,
senza fare la fine degli avari.
Ma lavoro e risparmio da soli
non bastano, concordia ci vuole
tra gli uomini, se no son duoli
dall'alba al tramontar del sole.
Per avere le tre cose ci vuol poco:
basta dare a tutti il tutto;
ogni cosa avrebbe il giusto loco
e lo Stato godrebbe sì gran frutto.
Se i governanti di questa società
saranno sempre falsi e disonesti,
gli italiani non avran prosperità,
ma vivranno solo dì funesti.
A chi giova questo malcostume?
Forse a chi non usa la ragione,
al folle, all'onorevole lordume.
Aborrite la prevaricazione!
Demolite finalmente i piedistalli,
su cui si regge il vostro falso regno.
Date ai cittadini un vero segno
di mea culpa per i vostri falli!
Potessi, perdinci, farvi capire
che l'uomo ha il diritto quaggiù
di nascere, crescere e campare
con stenti naturali e poi finire
di vecchiaia e non di schiavitù,
da uomo e non come giullare.
Entri nella vostra mente aperta
quel che oggi io ho inteso dire.
Viver la vita sempre più incerta
spinge al delitto ed al suo fiorire.
Da " Miele e fiele "
Ursini Editore - Catanzaro 1993
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Spero di lasciare un segno nel tuo cuore.
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Mea scripta multo sudore ac labore confecta.
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Medicina animi poesia
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L'ideale politico dell'uomo non dovrebbe stare nè a destra, nè a sinistra. L'ideale politico è unico, è solo quello di amare e rispettare la collettività. Il contrario di quanto sopra scritto è dell'uomo malato di mente o del delinquente, che da parassita vive a discapito degli uomini deboli. L'uomo, che ha un ideale politico, è colui che si adopera, come fa il buon padre di famiglia, ad attuare i programmi più idonei e confacenti alla collettività con mezzi buoni ed onesti per raggiungere ottimi fini. Chi possiede la predetta virtù è veramente un uomo politico.
Gino Ragusa Di Romano
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Riflessioni
* Uno Stato che non vive nella giustizia, partorisce delinquenza sociale.
* Se fai il prete, ricordati sempre di curare le anime coi farmaci che Dio prescrive e non ti curare d'altro. Quando ti dedichi ad altre cose, i tuoi pazienti sono già in agonia ovvero morti.
* Gli amministratori disonesti della chiesa sono le spine della corona che cinge e perfòra il capo di Cristo. Gli amministratori disonesti della repubblica sono la causa della decadenza di tutte le istituzioni.
* I sindacati fanno più male che bene, così come i tribuni a Roma. Sindacati o deputati: bisognerebbe eleggere gli uni o gli altri. A che fine mantenere il doppione della disonestà.
* Il politicante per arrivare al potere ricorre all'inganno, alle simulazioni, alle astuzie. La sua vita è piena di frodi, che dopo essere arrivato al potere cerca di camuffare. In ogni politicante c'è un Proteo, che all'occasione cambia il suo abito o la sua lingua. Il motto del politicante è: "ipocrisia innanzitutto, ipocrisia soprattutto". Il politicante è un baro; infatti, quando arriva all'apice del potere, anche le sue frodi e i suoi falli gli sono attribuiti come gloria.
* Un uomo a questo mondo deve sentirsi soddisfatto, se nella sua vita avrà piantato un albero, avrà generato un figlio ed avrà scritto un libro. Io questo ho fatto, quindi mi sento pago e pronto d'intraprendere l'ultimo viaggio senza mèta e senza ritorno.
Da " Accenti d'amore e di sdegno " Pellegrini Ed. Cosenza 2004
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Quando il vento soffierà
su di voi, leggero,
auree foglie d'autunno,
cadute giù
come le mie illusioni;
allor sarete voi,
mie fedeli amiche,
ad inviare al mondo
di pace i miei messaggi
ed io sarò un uccello
che non muore,
che ancor sollecita
le anime ad amare.
Da " Miele e fiele " Ursini Ed. Catanzaro 1993
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Italiano
O italiano, che sai ben parlare,
ma ad agire non ti sai spronare,
delle tue pene non accusare l'altro,
volpone o lupo sempre scaltro.
Tu stesso, infatti, accordi la fiducia
a coloro che ti tolgon la camicia.
Il giorno, in cui c'è la votazione,
tu voti senza nessuna riflessione.
Quel giorno di baldoria sembra festa,
invece, è foriero di venti di tempesta.
Sii cosciente e responsabile, italiano,
vivi da uomo e non da cortigiano.
L'Italia è pregna di deputati e senatori,
vere sanguisughe e tenaci roditori.
Come vedi, la tua terra va in rovina,
perchè costoro fanno ognor rapina
e tu, italiano, per la tua noncuranza
rendi servo te e la tua discendenza.
Da " Speranze e delusioni "
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In morte di mia madre
13 dicembre 2004
La figlia dell'Erebo e della Notte,
lieta e satolla, alle dieci della sera,
alata, le ossa avvolte in veste nera,
sparsa di stelle, non più dirà stanotte
al Sonno, german di lei e dei sogni padre,
che una donna, la mia santa madre,
veda più il Sole o il chiar di Luna:
alle dieci della sera un velo il viso imbruna.
Il tuo silenzio or mi brucia il cuore,
il tuo odore, madre, s'effonde nella stanza
e le pareti, silenti, grondano sudore,
testimoni a forza d'amara rimembranza.
Il colpo altre volte la Falce avea sferrato,
ma il suo occhio deviò la giusta mira,
così la nera donna dal capo ammantato
fuggì col viso smunto, pregno d'ira.
Ormai hai vinto, o Dea del mondo certo!
Dorme mia madre nel Sonno senza fine
e va tra i Sogni dal responso incerto,
dove gli orizzonti non hanno più confine.
Ormai è finita! Contemplo il tuo bel viso,
che l'eterna morte non ha trasfigurato.
Ormai è finita! Mischio lacrime e sorriso,
così mi spinge a fare il tristo Fato.
Ormai è finita, o madre mia!
Dormi, riposa e sogna con Morféo,
Fantàsio e Fobétore nell'eterno gineceo,
mentr'io, triste, ti canto l'elegìa.
La tua grazia, o madre, io canto,
la tua tristezza e la tua allegria,
la tua sobria eleganza era un incanto,
ti abbigliavi sempre e in armonia.
Una grande eredità tu mi hai lasciato:
il saper vivere con immenso amore,
rispettar la dignità di chi sta a lato
e dire tutto ciò che sente il cuore.
Più tardi ti porteremo al cimitero,
la dura pietra serrerà il tuo avello
ed una foto raffigurerà il tuo volto;
io piangerò ed accenderò un cero,
poi, affranto, chiuderò il cancello,
ma lascerò il mio cuore lì sepolto.
Felice colui che dolor di madre
non prova quand'ella si diparte.
Le tre Parche son funeste ladre,
ché rubano gli affetti a loro arte.
Da " Speranze e delusioni "
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Figlio mio
Sii valente,
non perdere l'onore di famiglia.
Sii prudente,
non allentare mai la briglia.
Le carogne lascia al lor fetore,
dagli onesti trarrai gran nitore.
Dai saggi tante cose imparerai,
coi vili perdi il senno che hai.
Ama la libertà sopra ogni cosa,
la fratellanza sia la tua sposa.
Se potente, non dimenticar chi eri:
ti ritroverai intorno amici veri.
Da "Miele e fiele"
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Non chiedere al bambino cosa vorrà fare da grande, perchè, se sarà un politico, un prete, un magistarto o altro, poco importa, se non avrà prima di tutto imparato a vivere ed a comportarsi da uomo. A questo dovrebbe tendere l'educazione dei genitori, questo dovrebbe prefiggersi la scuola attravesro l'insegnamento delle varie discipline, a questo dovrebbe mirare la società civile, agendo bene con i fatti e con le parole.
Gino Ragusa Di Romano
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Gino Ragusa Di Romano organizzò nel 1970 un recital di poesie di Angela Vitale sia a Pietraperzia nella Società Combattenti, che a Barrafranca nella'aula consiliare del Comune. Sopra è rappresentato mentre recita alcune poesie della predetta poetessa. |
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Caltanissetta - Teatro Trieste - Festa della Befana Ufficio Prov. del Lavoro e Ispettorato del Lavoro - Gino Ragusa Di Romano recita alcune sue poesie e tra queste la Befana, scritta per l'occasione e poi pubblicata, esclusa la seconda parte, nel libro "Miele e fiele". |
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Pietraperzia 1939 - Fidanzati d'altri tempi: mio padre e mia madre nella villa comunale. |
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Bologna 1983 - Maria Giovanna Elmi, presentatrice RAI, consegna un premio a Gino Ragusa Di Romano. |
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Sopra, lo scultore Pippo Di Romano all'età di 25 anni. |
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Lo scultore Di Romano con la sua famiglia |
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Lo scultore Pippo Di Romano col barone MicheleTortorici ed un altro suo amico |
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E' vero
Come è lungo il tempo,
quando il cuore è triste!
Come son pesanti le lacrime,
quando solo, angosciato,
senza gioia, tutto è ombra!
Per un momento
dimentico gli affanni.
Dolce è la vista
e l'estasi è presente.
Come cristallo
il cielo è trasparente;
leggera è l'aria,
più che d'uccello piuma;
di notte stellata
odor si sente.
Di rugiada le rocce
son brillanti perle,
che sembran cader giù
da un divin collare.
Come è dolce il tempo,
quando il cuore trilla!
Piume son le ore,
quando gioia e letizia
non van per altri viali!
Da "Miele e fiele"
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La mia idea
Nel fondo dell'esistenza
non c'è niente,
non c'è nient'altro
se non ciò che vi mettiamo.
Giovani ci sembra tutto bello
e all'avvenir poco pensiamo;
ma quando il sol tramonta
e tutto è ombra,
allora allibiti restiamo
come l'uccello, che, ferito
a morte, pone la testa
tra le perdute piume.
Allor la nostra anima
rifruga tra quelle cose,
che un dì nascose,
e quel che trova
le darà gioia infinita
oppur crudel tortuta.
Da "Miele e fiele"
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Triste ricordo
Come quel fiore
di rugiada fresco,
che espande ovunque
il suo soave odore;
come l'assenza
di sì lunga data
che, portando in vista
la persona amata,
effonde l'animo
del più forte aroma;
così nel sogno,
fiorellino mio,
letizia e gioia
io nel cuore sento,
io sento di te
la gran fragranza
e del tuo dolce viso
ammiro attonito
il suo gentil sorriso.
Il sogno dura
solo pochi istanti,
mentre il ciel si pinge
d'augelletti neri,
tristi ricordi
di gioventù sfiorita.
Da "Miele e fiele"
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